Prima che la notte by Claudio Fava & Michele Gambino

Prima che la notte by Claudio Fava & Michele Gambino

autore:Claudio Fava & Michele Gambino
La lingua: eng
Format: epub
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2014-03-25T16:00:00+00:00


Claudio

Ricordo il giorno in cui mio padre se ne andò di casa. Scelse la donna a cui si era legato ormai da molti anni. Era storia nota, conosciuta. Ma testardamente ignorata da me, da tutti noi. Quell’amore durò ancora per poco, si spense nel giro di poche stagioni. Ma intanto il taglio con la sua vita di prima (un taglio macchinoso, da artigiano più che da chirurgo) c’era stato. Irreversibile.

Quel giorno mio padre si separò anche da me. Andò a vivere e a dormire a casa dei miei nonni. Gli consarono il divano nel salotto, il tavolo da pranzo diventò la sua scrivania. Mia nonna gli preparava la cena, gli apparecchiava in cucina, il piatto dei peperoni con l’aglio e il pomodoro, le olive schiacciate con la menta, un poco di tonno in scatola, un pezzo di primo sale, la bottiglia di rosso. Mio padre tornava quando chiudevamo il giornale, alle due di notte, e gli sembrava di essere tornato al paese. Mangiava da solo, senza fretta, attento a non trascinare le posate nel piatto per non svegliare i vecchi. Se n’era andato via di casa a quattordici anni per andare a fare il liceo classico a Siracusa; ci era tornato sessantenne. Per tutto il tempo che rimase lì, cioè fino alla notte in cui l’ammazzarono, mio padre non parlò mai con i miei nonni di quello che era successo, il matrimonio sfasciato e tutto il resto. Lui non diceva e loro non chiedevano: sapevano quello che c’era da sapere.

Erano stati a lungo maestri elementari al loro paese e avevano allevato quest’unico figlio come una cosa preziosa, un vanto, un orgoglio. Per trent’anni mio nonno aveva conservato tutto quello che mio padre aveva pubblicato: articoli, inchieste, recensioni di film, cronache del Catania calcio, elzeviri, editoriali, bozze, racconti: tutto. In duplice copia, non si sa mai. L’avrebbe voluto notaio, sistemato e con i conti in banca a posto: invece il figlio gli era cresciuto curioso delle cose della vita, generoso con gli uomini e femminaro con le donne. Piuttosto che diventare notaio s’era messo a fare lo scrittore, a costruire commedie, a dipingere quadri, a disegnare corpi e volti, a mescolare parole, versi, colori, tutto il contrario di un notaio che uno se l’immagina grigio, serio, le mani bianche che calano lentamente sulle carte, le parole scelte con cura, una per volta, staccandole bene, la scrittura noiosa ed esatta, così l’avrebbe voluto mio nonno, un figlio prevedibile, ricco, fedele e noioso. Invece gli era uscito questo picciotto strano e allegro che scriveva come un padreterno, solo che non scriveva atti e contratti ma storie e controstorie, e pure quando s’era messo a fare il giornalista gli era rimasta dentro la vocazione di raccontare perché a mio padre dire non bastava mai, era troppo poco, acqua di pioggia, cose tiepide.

Finché mio nonno si era perdutamente innamorato di questo figlio così diverso da come se l’era immaginato: si era innamorato delle cose che scriveva e di come le scriveva e pur continuando a



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